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Registrazione Trib. di Sa n°22 del 07.05.2004
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Crisi Cstp, ultimatum di Moscatiello ai liquidatori:«Devono attuare i quattro punti del piano di salvataggio oppure vadano via»

Matteo Ripa Eboli

Abbattimenti dei costi fissi, vendita dei beni non necessari, ingresso di capitali privati e gestione razionale della manutenzione e dei servizi esterni. Quando in un’azienda le cose vanno male i manager si dimettono o vengono licenziati: se vogliono farlo, bene, altrimenti ne traessero le conseguenze. All’indomani della delicata assemblea del Cstp che ha avviato il conto alla rovescia per salvare la storica azienda salernitana e tutti i suoi lavoratori, il sindaco di Baronissi Giovanni Moscatiello prova a fare chiarezza attorno ai punti strategici che, da due anni a questa parte, sono stati evidenziati più volte dai soci del consorzio.«Per noi soci l’assemblea di ieri ha un doppio risvolto: da un lato è stata motivo di conforto, dall’altro motivo di grave rammarico e timore. Conforto perché abbiamo trovato in un piano in predisposto da due dei più grandi esperti campani in materia di trasporti (Claudio Cicatiello e Michele Pizzo) le cose che noi Comuni soci dicemmo già due anni fa, ovvero: abbattimento dei costi fissi (personale, forniture); valorizzazione e vendita di tutti i beni non necessari; ingresso di capitali privati e gestione molto più efficiente della manutenzione e dei servizi esterni; rideterminazione del corrispettivo chilometrico e ridefinizione equa ed analitica delle corse. L’unica cosa che non hanno detto i liquidatori, e che invece hanno chiesto i soci, è che in qualunque azienda del mondo, quando le cose vanno male i manager fanno un passo indietro e se ne vanno, oppure vengono licenziati. Noi abbiamo l’esempio della Fiat che stava per essere venduta all’estero e che è stata salvata da Marchionne con una semplice, ma grande idea. Bisognava partire da questo capo per avvolgere il filo. I massimi responsabili dello sfascio sono le persone che, dietro lauti stipendi, hanno pensato ad una gestione attenta alle esigenze di qualcuno, e non certo a quelle dell’azienda né tantomeno dei lavoratori, né degli utenti. Credo sia finito, definitivamente scaduto, il tempo delle chiacchiere, dei programmi e dei progetti. Se l’avvocato Santocchio e i due grandi esperti vogliono fare qualcosa, decidessero in poche ore quello che già è stato chiesto due anni fa, altrimenti per dignità ne traessero le dovute conseguenze. Questa è un’azienda che si può risanare perché ha un mercato certo, una grande professionalità interna, una grande storia di valori e di lavoro, grandi potenzialità per un futuro di sinergie, flessibilità ed efficienza. L’unica cosa che non serve a quest’azienda sono i professori “tentenna”, né persone che mettano al primo posto la cura del proprio interesse e non quello dell’azienda. Non c’è più tempo da perdere, se n’è perso troppo, tanto, e chiediamo al presidente Santocchio di dare conto del perché si è perso tanto tempo e gli chiediamo di concretizzare la volontà espressa due anni fa e sempre ribadita dalla grande maggioranza dei soci di quest’azienda».

 
 
 
 
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