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Registrazione Trib. di Sa n°22 del 07.05.2004
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Dedicato ad Antonio
Dedicato ad Angelo, Mimmo, Giovanni
Dedicato a Enzo

Ho visto le menti migliori della mia generazione distrutte dalla pazziaLa mia generazione
Le menti migliori
distrutte dalla pazzia
E intanto Rosanna cresceva
Che grande sogno, ricordi, Antonio?
I ragazzi
come noi, Antonio
a Parigi: li seguivamo giorno per giorno
con pochi giornali e poca tv
Ma le loro voci, quelle sì
erano le nostre
Chiedere l’impossibile, l’immaginazione che prende il potere:
Non consumiamo Marx
Qui si spontaneizza
Qualcuno di quelli che sanno sempre
sempre tutto
ci dirà che erano situazionisti, anarchici, destinati a fallire
fuori dai grandi partiti, destinati a fallire
E quelli che non sono falliti: che fine hanno fatto, Antonio?
La verità è che dei programmi, delle teorie, allora, ci importava meno
Molto meno
Ed eravamo quelli che avevano già letto Foucault
che avevano messo in scena
Sartre delle mani sporche
che facevano domande imbarazzanti ai professori
che citavano poeti e filosofi che nessuno di loro aveva mai sentito
Del loro sfilare stretti per il quartiere latino
sotto la Sorbona
nei viali a disturbare Eugene Jonesco
e la sua Cantatrice Calva
del loro andare incontro
contro
i flic
sotto la pioggia degli idranti
del tenersi stretti, delle ragazze
dei visi puliti, dei capelli sciolti
del gridare la felicità e la rabbia
ci interessava di più
Di colpo, il corteo si sarebbe rotto,
la violenza della polizia avrebbe spento i canti e le parole
i manganelli avrebbero impastato di sangue i capelli
Ma ogni giorno erano di più
… e poi, arrivarono gli operai della Saint Gobein
Finalmente quelli che avevano combattuto i fascisti di Vichy
i nazi sotto l’arco di trionfo
riconoscevano i loro figli
C’era già stata Berkeley
L’altra America era già scesa per le strade
I volontari del Vietnam avevano gettato le loro medaglie davanti al Congresso
I neri marciavano cantando spirituals a Menphis
Una donna nera aveva rifiutato di cedere il posto in autobus ad un bianco
Nei campus gli studenti ascoltavano Woody Guthry e Marcuse:
i grandi spazi da percorrere
il gran rifiuto dell’uomo a una dimensione
e la violenza della piccola provincia lasciata dietro la porta del ristorante di Alice
La beat generation aveva già fatto saltare il mito americano
il ricatto della bomba
a quello atomico preferiva il fungo messicano, che dava allucinazioni
Kerouac si era messo per strada
Ferlinghetti cercava i fogli delle sue poesie nella Kasbah tangerina
Burroughs beveva fino a morirne
E Ginsberg, dal suo Jukebox all’idrogeno urlava
Ho visto le menti migliori della mia generazione distrutte dalla pazzia
E cantava poesie sugli acuti di un sax tenore
La nostalgia per una libertà mai conosciuta ha una voce jazz
e un’anima blues
La ribellione e la rabbia hanno un’anima blues
Ma i ragazzi di Berkeley erano nuovi e diversi
La paura se l’erano gettata dietro
Sognare aerei colorati
e volare a fare l’amore sulle sabbie dei deserti
Il ‘Che’ aveva già conosciuto gli anfratti della Sierra
viveva sulle pareti delle nostre stanze
continuava a dirci
dalla Trilaterale
che il potere immane
globale
dell’imperialismo
non è niente
i poveri popoli piccoli potevano
farcela
Anche dall’estremo del mondo
dall’oriente dei miliardi di contadini
la forza stava nelle mani di chi non aveva, mai, avuto niente
Lì, dove una stella rossa brillava sulla Cina
le montagne potevano essere spostate
Come i fili della barba del vecchio Ho
Avevano ricostruito i cannoni, smontati pezzo a pezzo
e spalla a spalla portati, per chilometri, tra spari e foreste
per vendicare My Lay
e coprire le ferite del Napalm
dei bambini di My Lai
E a Salerno, come rimanere fermi?
Avevamo mangiato rabbia, per anni, nella città
i nostri anni soli
Che brutta una città che si chiude disperata
e non vale l’apertura del mare a darle respiro
né il sole, la storia, le sue belle donne
a darle vita
Un potere paterno
vescovi, sindaci e costruttori
soffocava le speranze
Fu così che i figli sentirono di morire
Tra la messa la domenica e il rito casto del corteggiamento
Sentirono violenta la sicurezza tranquilla delle consuetudini
Le famiglie non riuscirono a tenere chiusa
quella voglia forte di amore
vita
felicità futuro
E le case scoppiarono
Le scuole scoppiarono
Le strade si riempirono di urla
E arriva il 23 agosto
Dopo aver divorato le cronache della rivolta francese
da Umanità nova
L’anarchico, che sorride nella sua edicola,
E le notti a discutere, nelle cantine
Vivo acido e zuppa di soffritto
Le riviste d’avanguardia divorate
Quindici, Carte Segrete, Contropiano
I Quaderni rossi di Negri, Asor Rosa
Tronti, cercando Lenin a Detroit
e i Quaderni Piacentini
trovati sotto pile di Libri da Umberto ai Mercanti
Trenta ragazzi si ritrovano nei giardini
…le menti migliori della mia generazione…
Comunisti anarchici, psiuppini, giovani repubblicani, socialisti, comunisti
i cattolici del dissenso
un fascista di sinistra
Perché, per lui, prima o poi,
la violenza verrà
Poi seduti a terra, alla luce delle candele
Il mio intervento, la nostra rivolta,
La rivoluzione che ricomincia
Il filo rosso dello schiavo Spartaco
I contadini tedeschi di Thomas Munzer sconfitti
che tornano cantando: i nostri figli riprenderanno
E passano tra gli alberi che portano i frutti amari degli impiccati
Il mio intervento
concluso da Michele:
vincerà il proletariato, vincerà la rivolta
E poi tentativi e fallimenti,
Botte dei fasci e contestazione ai Berretti verdi di John Jayne
Un manifesto scritto a mano per la riapertura delle scuole:
Gli studenti, che in tutto il mondo…
E ancora botte coi fascisti sulle scale del Tasso
La saracinesca calata sulla testa, ricordi, Antonio
davanti al De Sanctis
Al lungomare facciamo la lista dei feriti
Il movimento sarà per l’Assemblea,
Le studentesse smetteranno il grembiule nero
Nessuna entrata separata per maschi e per femmine
Il preside Vasile che offre le chiavi del liceo
e noi che rifiutiamo:
a te, se riesci, di fermare la rivolta
a noi la contestazione
E la cerimonia di apertura dell’anno scolastico saltata
E le assemblee sulle scale
E poi, a dicembre,
l’occupazione
Prima al De Sanctis, e Michele prende il potere dei padri
E il Tasso: un drappo rosso sul balcone
E Rosanna lì sotto a guardare incantata
gli eroi son tutti giovani e belli
Le mattine gli istituti in lotta a fare assemblea
La notte a parlare e fare lunghi documenti
E le telefonate dei ragazzi dell’Avogadro: arrivano i fascisti
E i turni di guardia negli abbaini
I frati di San Francesco che pettinano le loro barbe al mattutino
E arriva la polizia,
invocata dal Roma e dal Tempo
Il freddo ferro di una pistola alla tempia a svegliarmi
Un’alba livida
Scendiamo le scale muti
poi un sussurro
un sommesso canto dell’internazionale
ci accompagna sui cellulari
Le feste di capodanno ci vedono per strada
Il nove gennaio
un immenso corteo
tiene Salerno per un’intera giornata
Le quindicenni ferme per terra davanti ai celerini
La piccola provincia dei basilischi
scoperta a respirare come i ragazzi di Berlino e Parigi
Come Medicina a Napoli, Architettura a Roma
la Statale e Scienze a Milano
Come sui ponti di Pisa si bloccano i celerini ai Principati
Saranno mesi di collettivi, cortei
contestazioni e lotta
L’autoritarismo, la scuola dei padroni
unità con gli operai
sempre uniti vinceremo
Saranno giornate di cento ore
Leggiamo di tutto
Saggi, storia
i grandi vecchi
E i documenti ciclostilati la notte all’enaip
e diffusi a migliaia la mattina
Ma Salerno moderata, di destra
non molla
I suoi figli non li ascolta ma li denuncia a centinaia
In primavera Praga si rivolta
I carri armati russi,
Jan Palach si dà fuoco per protesta
I fascisti, a Salerno, organizzano un corteo
Sono quelli di sempre, arrivati con i camion tricolori
Nel Tasso dei figli borghesi
si tiene un’assemblea
Difendiamo la rivolta di Praga, non lasciamola ai neri
Usciamo in corteo anche noi
È un massacro: le ragazze vomitano sangue
Gli studenti che saggiano, per la prima volta
la violenza su di loro
Ma la mattina dopo sono i ragazzi delle parrocchie e dei salotti buoni
che cacceranno dagli scalini del liceo le squadracce
E poi l’uccisione dei contadini di Avola
La prima occupazione di Magistero con i braccianti di Gildo Ciafone
E poi la rivolta di Battipaglia
Una cinquecento bianca carica di studenti
L’occupazione della Ferrovia
Un ragazzo alla finestra
Ucciso
Come il mattino di Pavese: Ieri,
dalla breve finestra è svanito come
svanirà tra un istante, senza tristezza
né parole umane
La strumentalizzazione di destra
Noi cacciati dalla città da una fiumana di attivisti missini
La ‘nostra’ rivolta comincia a scontrarsi con il volto duro della repressione
Oramai i libri di poesia li leggiamo di nascosto
Senza farlo sapere
Per un bisogno di tenerezza
Si arriva così all’estate
Il movimento chiede organizzazione
Ci muoviamo senza una lira in giro per l’Italia
Ricordi, Antonio?
Con Mario
A Roma, a Firenze
C’è l’articolo di Sofri sulla Monthly Revue
C’era stata l’assemblea del Potere operaio pisano
L’operaismo, l’autonomia della classe
Quel movimento aveva bisogno di parole nuove
Non esiste parola che lo contenga
o accomuni alle cose passate
E, invece, di colpo, i maoisti dissero:
basta pensare: l’organizzazione è il partito, la teoria un libretto rosso
niente da cercare
Cominciava il riflusso, uno dei tanti, per tanti anni
Con la paura di perdersi
Perché accade spesso a chi ha perso tutto
di perdere anche se stesso
Capisci, ora, Antonio,
perché è così difficile accettare una vita banale
perché ci è penoso
vivere
in una città che si chiude
Capisci perché la cronaca di quegli anni è sempre chiusa in un cassetto
Perché per noi vivere è giocarsi tutto sul cambiare
Perché è la speranza che dà colore ai giardini
ci fa amare la gente
Perché accettare le cose che sono sempre così
è morire in silenzio
Senza un grido
Senza l’urlo della mia generazione

Ernesto Scelza

 
 
 
 
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