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Registrazione Trib. di Sa n°22 del 07.05.2004
 
 
 
 
 
 
 
 
 

DAL TRANSVAAL AI MONTI DELL’IRPINIA di Matteo Pierro. Ricostruita la tragica storia di un pilota della RAF sepolto a Salerno.

Chi percorre la Strada Statale 18 che da Salerno conduce a Battipaglia non può fare a meno di notare il cimitero di guerra del Commonwealth disposto al lato dell’importante arteria. In esso sono sistemate secondo il tipico stile dei cimiteri di guerra le tombe di 1846 soldati inglesi, canadesi, indiani, sudafricani e neozelandesi che persero la vita a Salerno o nelle sue vicinanze durante la seconda guerra mondiale. Recentemente mi è stato possibile ricostruire la storia di uno di questi caduti, il tenente dell’aviazione sudafricana Cornelius Cecil Geldard. Tutto ha preso avvio dalla lettura di un brano del libro “Avellino e l’Irpinia nella tragedia del 1943-44” di Vincenzo Cannaviello, uno storico locale che nell’immediato dopoguerra raccontò le vicissitudini del secondo conflitto mondiale nella provincia di Avellino. L’autore scriveva: “Il 13 maggio ‘44 alcuni boscaioli ... scoprono la carcassa di uno Spitfire caduto in mezzo a fitta boscaglia per aver cozzato, forse di notte, forse durante una giornata nebbiosa, con violenza contro la cima della montagna. L’apparecchio, che si presume fosse diretto dalla Puglia a Napoli, aveva a bordo il solo pilota, che deve esser rimasto ucciso all’istante per il tremendo urto; l’interramento del motore aveva impedito che l’aeroplano si incendiasse. La notizia data da quei boscaioli - i quali non manomisero nulla del carico - fece accorrere soldati anglo-americani e rimuovere gli avanzi della vittima già in stato di inoltrata decomposizione”. Come per gli altri 4 siti di crash aerei finora individuati nelle vicinanze di Salerno mi sono attivato per trovare un riscontro sul terreno a quanto letto nei libri. Così, insieme a Daniele Gioiello e Matteo Ragone abbiamo fatto un primo sopralluogo nella zona indicata dal Cannaviello. Esso purtroppo è stato inconcludente in quanto la località è molto estesa e ritrovare il punto dell’impatto senza indicazioni precise diventa impossibile. La svolta nelle ricerche è venuta grazie a due amici del posto, Vittorio De Maio e Mario Dello Russo i quali hanno cercato ricordi del disastro fra le persone anziane della zona. Grazie alle indicazioni ricevute siamo partiti per un ulteriore sondaggio con i metal detector. Giunti sul posto indicatoci ci siamo recati sul versante che guarda a oriente, verso la Puglia, e dopo circa un’ora di veloci scarpinate a zig-zag sui fianchi della montagna sono cominciate ad affiorare le prime tracce del disastro sotto forma di frammenti in alluminio della fusoliera. Molti oggetti apparentemente insignificanti possono contribuire all’identificazione del tipo di aereo. In questo caso avevamo già la testimonianza dell’epoca che asseriva si trattasse di uno Spitfire e le conferme sono immediatamente venute dal terreno sotto forma di bossoli da 303 e 20 mm che costituivano l’armamento standard di questo velivolo. Altre conferme sono venute da frammenti della struttura recanti il numero di serie identificativo delle parti. Tutti i codici iniziano con 300 o 329 che era il prefisso che nella componentistica dell’aviazione inglese indicava lo Spitfire. Per poter però identificare lo specifico aereo è necessario trovare la matricola dello stesso che è presente, come mi hanno riferito gli amici dei Romagna Air Finders (un’associazione che opera recuperi aerei in Emilia Romagna), su almeno 7 targhette posizionate nella struttura del velivolo. Purtroppo, nell’immediato dopoguerra l’aereo fu fatto a pezzi e portato a valle per rivendere il prezioso alluminio di cui era prevalentemente composto. Tracce inequivocabili di tale operazione le abbiamo trovate recuperando nel corso di un’altra escursione, alla quale hanno partecipato anche Mario e Donato Serio, uno scalpello, due lime e una bilancia, oggetti evidentemente persi da coloro che demolirono l’aereo. Senza scoraggiarci abbiamo proseguito la ricerca dei frammenti sperando che qualcuno d’essi potesse darci la giusta indicazione per identificare l’aereo e il suo sfortunato pilota. Abbiamo recuperato targhette della strumentazione, parti della struttura con i rispettivi codici e una miriade di frammenti della fusoliera e del motore, nulla che però servisse a poter stabilire con certezza di quale aereo di trattasse. Ad un certo punto Daniele Gioiello ha preso a scavare in un settore scosceso della montagna dove venivano fuori un’infinità di frammenti anche a notevole profondità. Abbiamo quindi dedotto di aver trovato il luogo preciso dell’impatto. Dallo scavo è venuto fuori un pezzo di lamiera contorta al quale non abbiamo prestato molta attenzione presi come eravamo dalla ricerca della targhetta con la matricola. In un secondo tempo però proprio questo pezzo di lamiera ci ha permesso di risolvere l’enigma. Infatti, raddrizzandolo e ripulendolo è apparsa la sigla incompleta “JF 8_9”. Daniele Gioiello spiega: “In effetti si tratta di quella che potremmo definire la targa dell’aereo che veniva dipinta sul lato esterno della fusoliera nei pressi del motore. Conoscendo ciò non abbiamo dovuto far altro che verificare negli archivi della RAF se fra tutti gli Spitfire con la targa fra JF 809 e JF 899 ve ne fosse uno che potesse essere il nostro. Arrivati al velivolo JF 879 abbiamo appreso che esso era precipitato in Irpinia durante un test aereo il 30 marzo del 1944. Si trattava proprio dell’aereo da noi ritrovato!” Dagli archivi abbiamo appreso che l’aereo era in forza al 601° squadrone del Comando Aereo Nordafricano. Così, conoscendo il reparto di appartenenza e il giorno esatto in cui era caduto è stato abbastanza semplice identificare il suo pilota. Luigi Fortunato, presidente dell’Associazione Salerno 1943 con la quale collaboriamo, ha preso a spulciare il registro dei soldati che riposano nel cimitero di guerra di Salerno presumendo che il pilota fosse stato lì sepolto. Bisognava verificare che la data di morte e il reparto corrispondessero a quanto da noi scoperto. Arrivato alla lettera G ha appurato relativamente al pilota della SAAF C. C. Geldard, matricola 207319V, che prestava servizio presso il 601° Squadrone RAF e che era deceduto il 30\03\1944. Era lui lo sfortunato aviatore alla guida dell’aereo. A questo punto un prezioso aiuto è venuto da Roy Neighbour responsabile del sito Aero Part Identify Board il quale è riuscito prima a rintracciare una copia della rivista FLIGHT del 22 giugno 1944 nella quale il tenente Geldard veniva dato come disperso e poi a trovare una nipote del pilota, Rosalie Hoek, che è stata davvero felice di fornire informazioni sul fratello di suo padre. Grazie alla sua gentile disponibilità ho appreso che Cornelius Cecil Geldard, Chips per gli amici e la famiglia, era nato nel 1912 a Carolina, un minuscolo borgo agricolo nei pressi di Johannesburg nel Transvaal in Sudafrica, da Herbert e Martha Geldard. Trascorse gli anni della sua gioventù nella fattoria che i suoi genitori avevano chiamato “Acque Ridenti” e quando scoppiò la seconda guerra mondiale si arruolò insieme al fratello Albert nell’aviazione sudafricana. Fu in seguito assegnato al 601° Squadrone della RAF che si era già distinto nella battaglia d’Inghilterra e in seguito aveva operato in Nord Africa per poi trasferirsi in Italia dopo lo sbarco a Salerno. La mattina del 30 marzo 1944 le condizioni del tempo erano pessime e nessun aereo alleato si alzò in volo per missioni a parte quello di Geldard che decollò dall’aeroporto di Marcianise per effettuare un test. Non ci è dato sapere per quale motivo esso sia precipitato. Possiamo solo immaginare che le cattive condizioni del tempo abbiano provocato un’avaria al motore causando lo schianto contro la cima della montagna. Passarono delle settimane prima che si scoprisse il tragico incidente e la famiglia, fino a quel momento in pena per la sorte del loro congiunto ma con un minimo di speranza visto che era stato dato per disperso, fosse informata della morte del loro caro Chips. Nel febbraio del 1945 un ufficiale del 601° Squadrone, il capitano Rogaly, si recò presso il cimitero di guerra di Salerno che allora era ancora in fase di allestimento e scattò una foto della tomba provvisoria del tenente Geldard che poi inviò insieme ad una commovente lettera a sua madre. Anni dopo la povera donna affrontò il lungo viaggio dal Sudafrica a Salerno per venire a visitare la tomba del figlio. Una foto gentilmente inviatami da Rosalie la ritrae dietro alla lapide con la medaglia dell’Impero Britannico conferitagli da re Giorgio VI per il servizio svolto dal suo Chips. Ricostruire la storia di questo sfortunato aviatore e delle tragiche conseguenze della guerra mi è stato possibile grazie al prezioso e disinteressato aiuto fornito da quanti si sono appassionati alla sua vicenda. Senza di loro chi scrive avrebbe potuto fare ben poco ed a loro va la mia gratitudine. E’ mio auspicio che la stessa collaborazione possa continuare ad esservi per le altre ricerche che abbiamo in corso affinchè non si dimentichi questa triste pagina della nostra storia recente e i suoi tanti protagonisti che, come era capitato a Chips, giacciono dimenticati nei tanti cimiteri di guerra presenti nel nostro paese.

 
 
 
 
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