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Registrazione Trib. di Sa n°22 del 07.05.2004
 
 
 
 
 
 
 
 
 

PRIMI INSEDIAMENTI ASSISTENZIALI CARITATIVI NEL REGNO DI NAPOLI, A SALERNO E NEL PICENTINO

di Nunzio Di Rienzo
Sin dalla seconda metà del 1400, il fenomeno associazionistico – religioso si fece più evidente. Si moltiplicò notevolmente il numero delle Confraternite, soprattutto sotto l’impulso della Riforma cattolica, indirizzando la struttura delle stesse ai nuovi orientamenti religiosi con funzioni di carattere caritativo. L’inflazione, il continuo alternarsi delle fortune, il crescente aumento della popolazione, il continuo sbandamento degli eserciti mercenari, avevano contribuito a produrre masse di poveri e di vagabondi che ispiravano soprattutto paura e ripugnanza. I miserabili ed i vagabondi venivano giudicati come parassiti ed esseri antisociali, e la loro principale colpa era quella di essere degli emarginati. Il vagabondaggio si trasformava quasi sempre in banditismo e come tale era una principale fonte di preoccupazione sia per le classi dominanti che per la gente comune. Un malessere sociale fu l’origine della segregazione dei poveri e dei lamentosi miserabili. Il mondo cattolico rispose creando numerose istituzioni caritative ed assistenziali che, esercitando la beneficenza, favorivano, a loro modo, la redenzione dei benefattori. Le loro funzioni facevano leva essenzialmente sull’umanitarismo e sullo spirito caritativo dei privati e per tale motivo, esse erano largamente sostenute da lasciti e disposizione testamentarie che richiesero ai governatori dei vari Enti, delle capacità gestionali che furono origine di investimenti e speculazioni che si dimostrarono molto redditizie. Congregazioni religiose, conservatori per le fanciulle, per le donne separate e per le vedove, ospedali cittadini, orfanotrofi, monti di pietà, provvedevano alla tutela del popolo minuto e la loro opera assistenziale era sostenuta non solo da carità cristiana, ma anche da ragioni economiche e motivazioni di stabilità sociale. Nel governo vicereale (1502) l’assistenza non era considerato un compito statale, nonostante tutto gli enti di beneficenza godettero privilegi che garantirono elemosine, franchigie, esenzioni da tributi fiscali e altri privilegi vari di giurisdizione. Le funzioni mutualistiche ed economiche di queste istituzioni erano indicative di una realtà urbana caratterizzata da una grande eterogeneità sociale.
Le stesse Confraternite presentavano una struttura sociale molto diversificata. Alcune erano costituite da nobili ed altre da classi sociali più modeste. Ma tutte avevano precise funzioni devozionali ed assistenziali, quali elemosine, doti, vitto ed alloggio, vestiario, cure mediche, istruzione,prestiti su pegno senza interessi, servizi indispensabili a sostenere il popolino dal tenore di vita precario ed insicuro. Gli Istituti di beneficenza che maggiormente furono deputati alla gestione del danaro, furono i Monti di Pietà, che si connotarono come un fenomeno religioso-assistenziale ed al tempo stesso anche economico. I cittadini, a causa delle difficili condizioni economiche e preoccupati delle decisioni del governo vicereale in materia di politica economica e monetaria, per evitare di conservare il proprio danaro in casa, cominciarono a “ depositarlo “ presso quegli Istituti. I Monti di Pietà si trovarono, così, a gestire dei capitali che impiegarono nella loro attività assistenziale di soccorso ai poveri, mediante concessione di piccoli prestiti su pegno che evitava di incappare nella morsa dell’usura. Intese come “ banche dei poveri”, pur percependo modesti interessi sul prestito, realizzarono dei buoni utili che furono impiegati per la copertura delle spese di gestione, per l’attività di prestito su pegno e per altre utili opere di assistenza.
La realtà assistenziale nel Regno di Napoli, quindi, nel XVIII secolo, si presentava, anche in assenza di provvedimenti politici, come un efficiente ed articolato sistema di interrelazioni economiche e sociali.
GLI ISTITUTI CARITATIVI PREESISTENTI SUL TERRITORIO MONTECORVINESE: MONTE DI PIETA’
I Monti di Pietà ebbero origine alla fine del XV secolo ad opera del francescani minori osservanti, per assicurare alle classi popolari indigenti delle particolari forme di credito con la garanzia di un pegno. Il primo Monte di Pietà sorse nel 1462 a Perugia e si ebbe una veloce espansione in quasi in tutta l’Umbria e nelle Marche. La massima diffusione di queste Istituzioni benefiche si ebbe dopo il V Concilio Lateranense (3 maggio 1512-16 marzo 1517), nella sessione del 4 maggio 1515 con bolla Inter multiples di Leone X, si parlò di essi contro il modo con cui questi, che erano poi dei Monti dei Pegni, si mantenevano senza danni. Costituiti originariamente con oblazioni volontarie e alimentati dalla beneficenza pubblica, aggiunsero col trascorrere del tempo altri scopi e specie nelle grandi città assunsero carattere di veri istituti di credito. I Monti di Pietà avevano precise regole statutarie: non davano prestiti se non a clienti residenti o in località indicate negli Statuti stessi e non davano somme a caso, ma solo di modesta entità previo giuramento della destinazione, per propria necessità o per altri motivi giustificabili soprattutto sotto il profilo morale. Essi riuscirono a superare molte difficoltà delle Autorità Ecclesiastiche sull’usura ed ottennero l’autorizzazione a riscuotere un moderato interesse sui prestiti. Il massimo della loro diffusione avvenne nel settecento e cominciarono a svolgere vere e proprie attività di Banca. Nel periodo della dominazione francese furono privati dei fondi che furono incamerati dagli occupanti e queste perdite irrecuperabili, fecero sì che il loro posto fu preso da nuove istituzioni, le Casse di Risparmio. Dopo l’unificazione del Regno d’Italia, con la legge del 1862 sulle Opere Pie, vennero assimilati alle Congregazioni di carità previste dalla nuova normativa sull’assistenza e beneficenza pubblica. Nel 1935 assunsero la denominazione di Monte dei Pegni e con legge del 1938 la denominazione fu modificata in Monte di credito su pegno. Attualmente sono Enti di diritto pubblico con prestiti anche di importo minimo a miti condizioni. Il Monte di Pietà esistente a Montecorvino non è supportato da sufficiente documentazione, la sua esistenza traspare indirettamente da alcune annotazioni e spesso è stato confuso con il Monte dei Morti nella Chiesa di Santa Sofia e risalente al 1618.

CONGREGAZIONE DI CARITA’
Con legge del 1862, venne istituita presso ogni Comune del Regno, una Congregazione di carità avente la finalità di amministrare i beni destinati a sussidi e benefici per le classi povere. Già nel 1807, con decreto del 21 dicembre, il viceré Eugenio de Beauharnais, affidò al ministero dell’interno le competenze di “ un regolamento provvisorio per l’amministrazione e tutela dei beni addetti a istituti di religione o di beneficenza” e i Comuni, di conseguenza, appesantiti dell’onere di provvedere ai bisogni di ospedali, orfanotrofi ed istituti di elemosina, videro trasferire questa competenza a Congregazioni di carità, amministrate da cittadini residenti di alta moralità. Dopo una momentanea soppressione le Congregazioni furono riattivate con la succitata legge del 1862 e la gestione della stessa era affidata, nei Comuni, ad un apposito consiglio di amministrazione eletto dal Consiglio comunale. Era in effetti una istituzione di beneficenza con il fine di curare gli interessi dei poveri del Comune e di assumerne la rappresentanza in sede amministrativa e giudiziaria. Promuoveva, inoltre, provvedimenti amministrativi e giudiziari per la tutela di orfani, minorenni abbandonati, ciechi, sordomuti poveri e ne assumeva la cura provvisoria nei casi di urgenza. Importante era la sua funzione nelle riforme delle opere pie e spettava ad essa l’amministrazione delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza ove queste non avessero provveduto a Statuti o Regolamenti regolarmente approvati. E’ documentata a Montecorvino la presenza della Congregazione della Carità nel Conservatorio di Santa Sofia e, il Comune, fino agli anni trenta, provvedeva annualmente alla nomina del Consiglio di Amministrazione tra i cittadini aventi una spiccata cultura ed una spiccata moralità. Nell’Archivio Comunale di Montecorvino Rovella si rileva una traccia interessante della presenza di questa Istituzione, difatti, pur essendo stato costruito da circa 10 anni il cimitero comunale (11 ottobre 1880), la Congregazione di carità riscuoteva un canone annuo per la concessione di Chiesa, fabbricato e giardino dell’Annunziata in S. Martino. Le Congregazioni di carità furono soppresse con legge 3 giugno 1937, n.847, e le loro competenze furono trasmesse agli Enti Comunali di Assistenza (ECA).
GLI ISTITUTI DI CREDITO ED IL MERCATO FINANZIARIO NEL SALERNITANO
Con la caduta del Governo Borbonico, si manifestò vivo il desiderio di far sorgere istituti raccoglitori del risparmio e regolatori del credito. Sorse, prima di tutti, la Cassa di Risparmio Salernitana su iniziativa del Consiglio Provinciale che, nella sessione ordinaria dell’anno 1861 deliberò lo stanziamento nel bilancio 1862 di un fondo di 2000 ducati (circa lire 8500) per promuovere la fondazione di una Cassa di Risparmio in Salerno ed incaricando la Deputazione ad assumere l’iniziativa. La Deputazione con un R. D. dell’8 giugno 1862 dava esistenza legale a questa novella istituzione e approvava contemporaneamente lo Statuto. La Cassa iniziò la sua esistenza nel settembre di quell’anno. La Cassa di Risparmio Salernitana visse la sua esistenza con alterne vicende senza assurgere mai a quella necessaria importanza che altri istituti del genere assunsero in altre provincie. Dopo aver attraversato, tra contrastanti dibattiti, il fortunoso periodo del dopoguerra e dopo un’ultima, ritenuta utile, modifica allo Statuto, fu soppressa nel 1931 e si fuse nella Cassa di Risparmio del Banco di Napoli. La Banca Nazionale, chiamata poi, Banca d’Italia, ebbe per la prima volta una succursale a Salerno nel 1866 ed iniziò le sue operazioni il 20 marzo di quell’anno con un assegno della Commissione Centrale di 1.520.000.
Alcuni anni più tardi, nel maggio 1873, fece la sua comparsa a Salerno il Banco di Napoli, con una sua succursale. Ma il ritmo degli affari era sempre più crescente e nasceva il bisogno di un istituto locale a più largo movimento di quello che non poteva essere la Cassa di Risparmio e così sorse, nel 1888, ad iniziative delle più importanti personalità dell’industria, del commercio e dell’agricoltura, la Banca Salernitana che dimostrò subito una eccezionale vitalità rigogliosa e foriera di un grande avvenire, ma eventi avversi, dopo un non riuscito congiungimento con la nascente Banca di Salerno, fu costretta a vivere di espedienti e destinata al fallimento. Venuta meno alla sua missione la Banca Salernitana, si faceva sentire più prepotentemente il bisogno di un istituto locale e fu fondata la Banca di Salerno dovuta specialmente all’iniziativa dell’On. le Giulio Grimaldi che con la Banca era diventato una cosa sola. Ma quando questi si affacciò a Montecitorio, la Banca ebbe un colpo mortale le cui conseguenze furono subito evidenti.
Il mercato finanziario della provincia di Salerno, cosparso di succursali delle Banche citate in precedenza, aveva fatto sorgere numerosi altri istituti, che riteniamo utile, ai fini della nostra ricerca elencarle per opportuna conoscenza: la Banca Popolare Cattolica, la Banca popolare Cavese,la Banca di Sarno,la Banca di Roccadaspide, la Banca Agricola di Eboli, la Banca Agricola di Campagna, la Banca di San Gregorio Magno, il Credito Commerciale Tirreno, ecc.. , a queste si aggiungano le altre numerose succursali ed agenzie che altri maggiori istituti di crediti fecero sorgere a Salerno o nei più importanti centri della Provincia: il credito Provinciale poi Banca Sconto, la Banca Commerciale, il Credito Italiano, il Banco di Roma, la Banca d’America e d’Italia, il Credito Popolare Meridionale. A Montecorvino Rovella operava già dal 1894 la Banca Picentina e nel 1908 la Banca Agricola Commerciale, mentre era già operante, come vedremo in seguito, la Cassa operaia cattolica di San Martino sin dal 7 maggio 1903 che per l’esigenza di soddisfare le numerose richieste di credito, con la possibilità di usufruire dei benefici previsti dalla legge del 7 luglio 1907 circa il credito agrario, diedero vita alla fondazione della Cassa Rurale di Prestiti di San Martino. L’assemblea annuale dei soci decise la legalizzazione della Cassa il 23 gennaio 1910 e la velocità delle pratiche intraprese, fece sì che in data 7 marzo fu stipulato l’atto costitutivo della nuova nascente istituzione. Ufficialmente la Cassa Rurale di Prestiti San Martino venne inaugurata il 3 luglio 1910, pur avendo effettuato, a tale data, già numerose operazioni.
Riproduzione riservata
Rivista di Storia Finanziaria, Saggio di Rossella Del Prete
Su Giulio Grimaldi si veda “Il Giornale di Salerno” e il “Risorgimento Salernitano” edizione del 1 novembre 1919.

 
 
 
 
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