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Registrazione Trib. di Sa n°22 del 07.05.2004
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Itinerario storico-artistico della Valle del Picentino a cura di Nunzio Di Rienzo.

La Valle del Picentino è costituita da centri dove sono state scritte importanti pagine di storia, l’arte ha lasciato tracce significative, le tradizioni popolari sono ancora vive, antichi borghi rurali, castelli, palazzi gentilizi e chiese di grande interesse storico ci raccontano vicende millenarie di paesi che racchiudono tesori la cui scoperta non può che riservare sorprese e affascinare anche il visitatore più esigente. Questa collaborazione autorevole del prof. Nunzio Di Rienzo autore di numerosi studi e ricerche storiche sul territorio è un altro tassello di un ampio progetto di crescita, di sinergie diverse e di qualità, che ci farà conoscere meglio attraverso un percorso ricco e lungo un territorio di grande civiltà e cultura che siamo certi susciterà l’attenzione e l’interesse dei lettori.

Nunzio Di Rienzo vive a Montecorvino Rovella, la sua terra natale che ama svisceratamente ed alla quale ha dedicato molte pubblicazioni di ricerca storica. Sulle origini, sulle sue Chiese, sulle  Confraternite, sui suoi personaggi (in particolare Padre Giovanni da Montecorvino), sul suo folklore e sulle sue tradizioni. Ha partecipato a numerosi convegni sulla storia del Picentino. Difatti nel 1983 e 1984, su iniziativa del compianto Riccardo De Martino di Giffoni Valle Piana, relazionò rispettivamente, nel Convegno del Francescanesimo nella Valle del Picentino e nel Convegno dei Serviti nell’area Picentina. Ha avuto numerosi riconoscimenti da Enti ed Associazioni Culturali soprattutto perché i suoi sono stati i primi lavori di ricerca storica su Montecorvino Rovella ( 1980), quando questa era latitante e dispersa in numerosi testi sparsi nelle varie biblioteche. Il Di Rienzo ha ricostruito la storia del suo paese ordinandola cronologicamente, integrandola con le tradizioni locali ed arricchendola con ricerche e documentazioni reperite in varie famiglie nobili di Montecorvino Rovella. Nel 1994 ha partecipato al Convegno su ” ACTS of International Study Workshop of John de Montecorvino, OFM 1294-1994,” tenutosi a Taywan( Cina ) dove si risolse definitivamente l’annosa questione del paese natale del celebre missionario Giovanni da Montecorvino ( 1247 – 1328), primo evangelizzatore della Cina e primo Legato Apostolico di Oriente. Il Comune di Montecorvino Rovella, per i suoi numerosi meriti e soprattutto perché le sue opere sono state distribuite sempre gratuitamente rifiutando qualsiasi forma di compenso, gli ha rilasciato con delibera consiliare n.21 del 3 febbraio 2000, un Encomio Solenne ed un Attestato di Onore con il conferimento di una MEDAGLIA d’ORO, per essersi particolarmente distinto, sin dalla tenera età, nella ricerca storica del suo Paese con il raggiungimento di numerosi successi e brillanti affermazioni. Si è formato nello Scoutismo, di cui è stato rifondatore negli anni ’60, è vice-ministro del locale ordine francescano secolare, nonchè  regista e direttore artistico di una Compagnia Teatrale (I Popolani), dirigente responsabile di un progetto di servizio civile “ Attraverso la lettura “ e Bibliotecario del Comune di Montecorvino Rovella. E’ importante punto di riferimento per i turisti che si recano a Montecorvino Rovella ed ha collaborato alla redazione di numerose tesi universitarie sul territorio montecorvinese e picentino.
CENNI STORICI SU MONTECORVINO ROVELLA
Montecorvino Rovella è posta nella verdeggiante oasi dei Monti Picentini, a circa 24 km. da Salerno, con la quale è collegata tramite autolinee Sita; conta 11 mila abitanti ed ha una estensione territoriale di Ha 3.000.La sua posizione naturale favorisce un clima meraviglioso, celebrato dal celebre scrittore napoletano Francesco Mastriani ( 1819 – 1891 ) che nel suo romanzo “ La sonnambula di Montecorvino “, a pag. 8, così descrive : “ Ricchi di rigogliosi oliveti sono què colli i quali, in certi punti, riescono così pittoreschi per ridenti vallette, per sussurranti cascate di limpide acque, per frastagli di ombrosi poggi di lussureggiante verdura, ch’io ne trassi grata impressione che mi pareva di stare nel mezzo delle romanzesche vallate della Svizzera. A breve distanza l’uno dall’altro, sorgono sul pendio del monte què tanti paeselli, in cui sì modesta ad un tempo e dolce è la vita, dove l’animo si riconforta a sereni pensieri, e dove ogni tempestosa passione si assopisce , per così dire, in quella placidezza e calma di natura “. La maggior parte della popolazione Montecorvinese è dedita all’agricoltura, eccellono produzioni d'olive ed olio extra vergine di primissima qualità, nocciole, castagne, pomodori, cereali e non manca il buon vino.Esistono sul territorio importanti industrie per la lavorazione del legno, laterizi, manufatti in ceramica, industriale ed artigianale, abbigliamento, ovattifici, ecc…La sua storia ha inizio nel 269 a. C. , quando i Romani, alla cui testa vi era il console Sempronio Sofo, sconfissero i Piceni, un popolo di antica origine sull’ Adriatico, e li trapiantarono con la forza a popolare e coltivare il territorio della Campania, tra il confine meridionale della lega nocerina ed il confine settentrionale della lega lucana, occupando, così, il vasto territorio compreso tra i fiumi Sele e Sarno, al fine di rendere quelle terre più prospere. Fu costruita una città cui fu dato il nome di Picenza e Picentini furono chiamati i suoi abitanti per distinguerli dai Piceni rimasti sull’ Adriatico.Più volte questa popolazione si ribellò al giogo romano e Picenza fu rasa al suolo per ben due volte ( la prima volta nel 201 a.C. quando si alleò con Annibale, e la seconda volta nell’ 89 a.C., durante la Guerra Sociale). I romani per vendicarsi fecero obbligo ai superstiti di non poter ricostruire una città unita, consentendo solo la costruzione di piccoli villaggi sparsi sul territorio, facilmente dominabili in caso di ulteriore rivolta. Nacque Montecorvino. Sull’origine del nome ci furono diverse ipotesi; quella più accreditata dagli storici si rifà alla presenza dei corvi sulle alture del Monte Nebulano che domina il paese. Alla stessa ipotesi è ispirato lo stemma civico.Il Monte Nebulano ci mostra ancora oggi i ruderi di un Castello, il cui nome è appunto Castello Nebulano, sorto probabilmente intorno al VI sec. d.C., dapprima come fortificazione in legno( lignite ) e poi  rinforzato in fabbrica (fabrite) con i resti ben visibili di  una grossa cinta muraria con Mastio, Vallum e Bassa Corte. Questa importante fortificazione, che faceva  parte di un pregevole disegno di difesa del territorio costiero, nell’ 850 d.C., offrì ricovero, insieme ai castelli di Eboli ed Olevano, alle popolazioni  della pianura, minacciate dalle incursioni saracene.Anche il Castello Nebulano ha conosciuto una doppia distruzione; la prima avvenne nel 1137 ad opera di Ruggero il Normanno, nella vasta presa di possesso dell’intera Italia Meridionale, e la seconda volta, nel 1392, quando le soldatesche di Ladislao di Durazzo, capitanate da Alberico da Barbiano, lo espugnarono perché aveva dato ospitalità ai Sanseverino, potentissimi signori di Salerno di parte angioina.Il Castello fu ricostruito e sostenne in fatto d’armi, ospitandolo, il Re Alfonso I di Aragona. Per tale aiuto, il nipote Alfonso II di Aragona, per riconoscenza, conferì il titolo nobiliare a 23 famiglie del luogo, con privilegio del 24 giugno 1494. Nel 1532, a testimonianza dell’accresciuta importanza della città, Montecorvino con Olevano e Melfi era tra le più efficaci sedi di cancelleria di Principato Citra o Citeriore . Queste avevano il compito della stesura dei verbali che, successivamente, venivano inviati al Capoluogo del Regno ( Napoli ).Devoluta definitivamente al Regio Demanio alla fine del XV secolo, dopo innumerevoli controversie, per circa tre secoli, attraversò il periodo più buio della sua storia tra vendita a feudatari e conseguente riscatto di cittadini demanisti.Nel 1572 fu venduta ai Grimaldi, nel 1638 ai Pignatelli, nel 1719 ai Revertera, nel 1738 di nuovo ai Pignatelli, nel 1744 ai Genovese, nel 1788 ancora ad un nipote dei Genovese ( Mariano), finché, finalmente, nel 1795 venne rivendicata a sé per convenzioni coi demanisti e nel 1806 divenne libera per la legge eversiva della feudalità.Nel 1820, a seguito di una legge emanata da Ferdinando I di Borbone il 1^ maggio 1816, si separò il Casale di Pugliano, che assunse il nome di Montecorvino Pugliano.
L’antichissimo territorio montecorvinese, che dalle porte di Salerno raggiungeva la località Campoluongo, nel Comune di Eboli, è andato sempre più riducendosi nel tempo con la nascita di nuovi Comuni, e ciò avvenne con la nascita di Montecorvino Pugliano, sopra citata, nel 1820, Pontecagnano Faiano nel 1911, Battipaglia nel 1929 e Bellizzi nel 1990.
Moltissime sono le testimonianze storiche ed artistiche sul territorio montecorvinese. Ne diamo un veloce cenno, invitando il cortese lettore a verificare queste bellezze personalmente.

  1. La Chiesa dei SS. Apostoli Pietro e Paolo, fondata nel 1274 dal Vescovo Luca di Acerno, sulle rovine di una antica Abbazia benedettina della giurisdizione di Salerno, dedicata a San Simeone, distrutta nel 1137. Nel 1617 fu riportata nel suo antico splendore di Sede vescovile da mons. Serrano, dell’ Ordine di San Francesco. Fu distrutta dal sisma del 1980 e dopo tanti anni di encomiabili sacrifici del Parroco Don Gerardo Senatore e con il concorso dei fedeli, è stata riaperta al culto il 23 marzo 2002.
  2. La Chiesa di Santa Maria delle Grazie, nel Capoluogo, sorta nel 1487 ad opera della Famiglia Maiorini dell’ Aversana.
  3. La Chiesa di Santa Maria della Pace, sorta nel 1518 ad opera del frate francescano Bernardino D’Enza, che pose fine alla cruenta guerra fratricida di due famiglie del luogo, gli Arminio della frazione Nuvola ed i Damolidei della frazione Ferrari. Questo Tempio nacque appunto per ricordarne la pace. E’ visibile in essa, uno stupendo altare in maiolica artigianale dedicato a Giovanni da Montecorvino, francescano, primo arcivescovo di Pechino e Legato apostolico di Oriente ( 1247 – 1328). Nell’attiguo convento, esiste un efficientissimo Centro Missionario dedicato al citato Padre Giovanni.
  4. La Chiesa di Santa Maria degli Angeli, dei PP. Cappuccini, sorta nel 1591 ad opera di  Sabato Damolidei, in essa e nell’attiguo convento fu celebrato nel 1768 un importantissimo capitolo provinciale con 80 capitolari.
  5. La Chiesa di Santa Maria delle Grazie nella frazione Occiano, sec. XVII, posta sull’antico percorso che conduceva al Castello.
  6. Il Santuario di Maria SS. dell’Eterno, a tre Km dal capoluogo, dapprima una chiesetta del XVI secolo, poi, a seguito del rinvenimento di una  antica icona da parte di un mandriano nel fondo di una vallata, nel 1623, si è sempre più ingrandita, divenendo, oggi, un importante punto di riferimento del culto mariano del territorio. Il Piazzale antistante è abbellito da una statua del Cristo accogliente e da una Statua del neo Santo Pio da Pietrelcina. A causa dell'inamovibilità della statua della Madonna dal luogo del rinvenimento ( dove nevicò nella terza domenica di agosto, per quanto doveva essere l’estensione della Chiesa), fu fatta costruire una copia che è custodita nella Chiesa di Sant’ Eustachio ( 1537 ).
  7. La Chiesa di Sant’Eustachio, centro di culto di tre frazioni ( Ferrari, Molenadi e Cornea ).
  8. La  Chiesa di Sant’ Ambrogio, posta nella Vallata di Sant’Andrea a nord del casale di Occiano. Dapprima rudere, ora ricostruita, stupenda testimonianza del culto longobardo nelle nostre zone. Mostra nel catino dell’ abside uno stupendo affresco ed alcune tombe intorno al Tempietto.
  9. La Chiesa di San Rocco, costruita nel  sec. XVIII, sede della Confraternita del SS. Rosario e San Rocco.
  10. La Chiesa di San Lazzaro, nella frazione Cornea, con il suo stupendo e misterioso portale.
  11. La Chiesa di San Bernardino, nella frazione Votraci, piccola ma preziosa al culto locale. Eretta in parrocchia nel 1916.
  12. La Chiesa della Madonna del Carmine, nella frazione Martorano, dallo stile esterno orientaleggiante.
  13. La Chiesa di San Filippo Neri, nella omonima frazione in San Martino. Dal 1640 ospita le reliquie del Santo. Danneggiata dal sisma, è ora in ricostruzione.
  14. La Chiesa di Santa Maria della Pietà, sec. XVI, anticamente denominata Santa Maria della Rocca. Attuale sede dell’Oratorio della Confraternita di San Filippo Neri.

Le Chiese esistenti anticamente sul territorio erano ventitré; ci siamo limitati a segnalarne soltanto alcune, soprattutto per esigenza di spazio; quelle non citate non sono meno importanti  ed occupano un posto di rilievo nella storia cittadina. Le preziose tele esistenti, gli stupendi cori in legno, statue e curiosità storiche, sono oggetto della presente pubblicazione.

  1. Il Palazzo Pico, in Via Diaz, meglio conosciuto come Villa Budetta, casa natale di Giovanni da Montecorvino, citato  in precedenza.
  2. Il Palazzo Budetta con la sua stupenda villa, situata nell’antico Casale delli Castiuli ( Piazza Budetta, Rione Santa Maria ).
  3. L’Osservatorio Astronomico Gian Camillo Gloriosi, situato alle falde del Monte Nebulano, sul versante est. Importante punto di riferimento a livello regionale, nazionale ed internazionale per gli avanzati studi nel campo dell’astronomia. Appuntamento annuale di visite scolastiche provenienti da tutta la Regione.
  4. La frazione Gauro, a tre Km. dal Capoluogo, terra natale di Luca e Pomponio Gaurico, nonché di Gian Camillo Gloriosi. Dove è possibile anche ammirare la Chiesa di Sant’ Andrea, in ristrutturazione e l’attigua Chiesetta del Salvatore, sede della locale Confraternita.
  5. La stupenda passeggiata di Via Cavour, meglio conosciuta come Viale dei Cappuccini, dove frescura e riposo si fondono in una invidiabile armonia tra le foglie dei platani. Antica strada che dal Capoluogo Rovella conduceva alla Chiesa dei Cappuccini ed ai casali sottostanti.
  6. Il viale dei platani in Piazza Duomo. Anche qui è possibile ammirare, tra la frescura dei platani, l’antico percorso che attraversava il Casale Rovella.
  7. L’escursione sul Monte Nebulano, attraversando la frazione Occiano, passando, dopo circa due Km. davanti alla Chiesetta di Maria SS, delle Grazie , per poi raggiungere il pianoro
  8. della Bassa Corte del Castello. Il sentiero ricalca esattamente un antico percorso di transumanza.

 Nunzio Di Rienzo

Storia dell’Ordine Francescano secolare “ Beato Giovanni da Montecorvino” del Convento dei Frati Minori di Santa Maria della Pace in Montecorvino Rovella

Intorno al 1212, epoca molto controversa dagli storici, ebbe origine un terzo ordine che affiancò il primo ed il secondo ordine francescano, destinato a coloro che volevano restare nelle proprie case, vivere onestamente, attendere alle opere pie, fuggire dalla vita mondana, attenendosi rigorosamente ai dettami di San Francesco per facilitare la perfezione evangelica. E’ opinione comune ritenere che il Santo non diede una vera regola di vita ai laici, ma voleva solo dettare una serie di norme organizzative e spirituali ( Lettera ai fedeli di Volterra – Lettera ai fedeli ). Nel 1221, nel 1289, nel 1883 e nel 1978 diversi Papi ritennero emanare vere e proprie regole per i penitenti, e l’ultima di Paolo VI del 1978 è quella attualmente in vigore. Dopo il viaggio intrapreso da San Francesco intorno al 1219 per la terra Santa, molte nostre zone, in particolare Agropoli e parte della Costiera Amalfitana, offrono tra lapidi e tradizioni, molti elementi attestanti una sosta di San Francesco in queste località, cosa che diede un notevole impulso alla nascita di Conventi e, conseguentemente, di molti fedeli che costituirono il terzo ordine presso di essi. La presenza dei francescani a Montecorvino Rovella ci viene attestata da una “ CHRONICA” di Padre Niccolò da Spinazzola del 1638, in conseguenza dell’erezione di un Tempio a ricordo della pace fatta tra due famiglie, gli Arminio della frazione Nuvola ed i Damolidei della frazione Ferrari, ad opera di Padre Bernardino Denza, ofm, tra la fine del 1400 ed il primo ventennio del 1500. Siamo sicuri, anche in assenza di fonti attendibili, che qualcosa già preesisteva sul territorio cittadino e ce lo conferma la presenza di due grandi glorie dell’Ordine, Giovanni da Montecorvino ( 1247 – 1328 ) primo arcivescovo di Pechino, e Nicola o Nicolò da Montecorvino, martirizzato al Cairo nel 1358, entrambi appartenenti alla nobile famiglia Pico presente sul territorio già dal 1200 (Questa famiglia già era testimonianza del terz’ordine addirittura in epoca coeva a San Francesco). Ci corre l’obbligo di fare degna citazione di Fra Donato da Montecorvino, un laico francescano di cui purtroppo non conosciamo il casato,( Sparano ? ),ma che era presente in Egitto nel 1646, come infermiere e missionario ed ivi morì il 9 giugno 1659. E perché non ascrivere nei francescani secolari anche le famiglie montecorvinesi che avevano fatto erigere gli altari nella Chiesa di Santa Maria della Pace? E queste, che avevano il diritto di patronato sulle cappelle esistenti erano : - la famiglia D’Alessio 1651, la famiglia Franchini 1668, la famiglia Abinente 1712, la famiglia Denza 1747, la famiglia Maiorino 1755, la famiglia Vicinanza 1795 ed inoltre le famiglie Budetta, Masucci, Morese, Sparano e De Angelis.
Nel 1802 e 1809, Napoleone decretò la soppressione degli Ordini ed Istituzioni religiose e, nella nostra provincia fu decretata con una circolare del Ministro del Culto, Francesco Ricciardi, il 25 maggio 1811. Un’altra soppressione, più deleteria della prima, avvenne il 7 luglio 1866, con legge n.3036, che prevedeva la soppressione delle Corporazioni religiose e la destinazione dell’asse ecclesiastico. La prima soppressione, la restaurazione borbonica e la seconda soppressione, fecero del XIX secolo, un secolo abbastanza funesto per le congregazioni religiose e la vita di queste fu molto condizionatadall’andamento politico-amministrativo del governo centrale. La nostra fraternità subì per intero tutti questi passaggi. Nel 1879, fu presente sul territorio Padre Ludovico da Casoria, fervente apostolo di carità, che nella sua permanenza in questo paese istituì la Congregazione del terz’ordine francescano presso la Chiesa di Santa Maria degli Angeli dei padri Cappuccini. Per il Convento di Santa Maria della Pace, la cui comunità religiosa fu disciolta il 28 dicembre 1866, rimase aperta al culto solo la Chiesa ed il Convento stesso fu adibito ad alloggio per le truppe, pretura e carcere. Nel 1896, a seguito del meraviglioso impulso operato del citato Padre Ludovico da Casoria, nacque anche in questo Convento il terz’ordine francescano ad opera del R.P. Giacomo Fabiano di Afragola. Ma soltanto il 10 giugno 1916, quando il definitorio decise di riaprire il Convento, iniziò la vera e propria funzionalità della Congregazione che, nel volgere di pochi anni, raggiunse numerose adesioni. In attesa della definitiva assegnazione dei locali del Convento, le riunioni si tenevano in Chiesa, oppure nel salone adiacente al Convento, allora di patronato Comunale.
Un grande avvenimento movimentò il paese il 4 ottobre 1926, in occasione dei 700 anni della morte di San Francesco di Assisi. Il padre guardiano P. Giacomo di Afragola, lo stesso fondatore del terz’ordine, coadiuvato dal terz’ordine e dal podestà Cav. Armando Meo, fecero inaugurare nella Chiesa di S. Maria della Pace, due altari, uno, a sinistra al termine della navata, dedicata all’Immacolata Concezione (oggi, Cuore di Gesù) di patronato comunale, l’altro, al termine della navata destra, dedicato a San Francesco di Assisi, a gloria e testimonianza di quanti intendono perseguire l’ideale francescano. Nel periodo bellico, anche la nostra fraternità visse le ansie, le angosce del momento, sia per i familiari impegnati in guerra, sia per le dolorose notizie che provenivano dai vari fronti, e, dopo lo sbarco alleato, i continui cannoneggiamenti provenienti dalla vicina costa, danneggiarono il Convento. Si deve alla tenacia ed alla encomiabile attività pastorale del guardiano dell’epoca, P. Colombo Prota da Morigerati, se le riunioni continuarono quasi senza interruzioni e l’ordine era sempre presente nelle principali manifestazioni liturgiche e caritative cittadine. Altra grande manifestazione di notevole interesse in cui il terz’ordine si distinse per il suo spirito di iniziativa e di servizio, fu la celebrazione del settecentesimo anniversario della nascita di P. Giovanni da Montecorvino, grande gloria dell’ordine, nato a Montecorvino Rovella nel 1247 e deceduto in Cina, in concetto di santità nel 1308, primo apostolo di oriente, primo vescovo di Pechino e della Cina e legato apostolico. La cerimonia avvenne nei giorni tra il 27 ed il 30 novembre 1947 ed ebbe una portata internazionale, con la partecipazione di illustri esponenti dell’ordine francescano e legati pontifici. Dall’esame dei registri di iscrizione e di adesione all’OFS (nuova denominazione del terz’ordine dal 1978) ben conservati in archivio con inizio, purtroppo, solo dagli anni venti del secolo scorso, si rileva una presenza solo ed esclusivamente femminile, non sappiamo dare una ragione di tutto ciò, ma una cosa è certa, i maschi sono stati accettati soltanto dal 1990 con tre ingressi , tra i quali, il sottoscritto. Il neo Consiglio eletto dagli anni novanta, ha segnato una tappa importante nella storia del sodalizio cittadino. Difatti, nel rispetto delle Costituzioni, col beneplacito dell’assistente spirituale P. Fulvio Sabia, detto sodalizio è stato sempre più laicizzato, secondo le intenzioni espresse dal Concilio Vaticano II, e al posto di lunghi sermoni o soliloqui, sono stati sostituiti piacevoli dialoghi sulla cultura francescana e sui vari testi di studio annuali, tra il Consiglio, l’Assistente e l’Assemblea. Il successo di questa impostazione nelle riunioni quindicinali è testimoniato dalla costante presenza di 30/35 elementi al posto delle 8/10 unità precedenti. L’attività della fraternità è molto produttiva sul territorio, numerosi gli incontri di preghiera, sempre presente nelle riunioni regionali, provinciali e zonali e nei momenti forti dell’anno liturgico, nonché tutte le scadenze del calendario francescano. La presenza nel Convento del “ Centro Missionario Beato Giovanni da Montecorvino”, attivissimo per le adozioni a distanza e ben diretto dal Padre Guardiano Fulvio Sabia, rende ancora più efficace l’attività apostolica e caritativa della fraternità. Nel 1998, dopo la tremenda alluvione della cittadina di Sarno, la nostra fraternità, su segnalazione del Centro Caritas francescano, adottò la famiglia Flavia Milone per tre mesi, al fine di alleviare, almeno in parte, materialmente e psicologicamente, l’angoscia di aver perduto ogni cosa nell’alluvione che colpì quella cittadina il 5 maggio di quell’anno. Ogni anno, da circa quindici anni, si tiene tra la fine di aprile e l’inizio di maggio, una fiera missionaria,(pregevoli ricami, capi di biancheria ed oggettistica varia proveniente dalle missioni brasiliane) con la partecipazione di numerose persone anche esterne all’ofs, il cui ricavato va diretto ad opere di beneficenza su direttive del citato Centro Missionario. Ogni anno, inoltre, in prossimità dell’epifania, si organizza “ la festa dei capelli d’argento “, per offrire anche alle persone impossibilitate di partecipare ad una piccola serata di spensieratezza e di divertimento con il prezioso aiuto del Gruppo Scout “ Montecorvino Rovella I” che ha sede nello stesso Convento. La fraternità ha aderito all’unità dell’Ofs e si impegna, ai limiti delle proprie possibilità e disponibilità, a contribuire in tutti i modi alla diffusione del messaggio del serafico padre Francesco di Assisi. Lo scrivente chiede venia per aver omesso molte altre iniziative. Volutamente per non tediare il cortese lettore. Approfitta anche di questa occasione per comunicare alle varie fraternità interessate, di voler inviare le proprie storie o documentazioni varie al fine di procedere alla conseguente pubblicazione.

PACE E BENE
NUNZIO DI RIENZO tel. 089/863724
nunziodirienzo@hotmail.com
Via Padre Pio da Pietrelcina n.11 – 84096 Montecorvino Rovella ( SA )
Fraternità Beato Giovanni da Montecorvino Convento S. Maria della Pace –
84096 Montecorvino Rovella ( SA)

LEGGENDE MONTECORVINESI

Sin da ragazzo ricordo che circolavano in Montecorvino Rovella una serie infinita di storie e storielle partorite dalla geniale fantasia di scrittori e di narratori che colorivano gli episodi sino a raggiungere il limite della credibilità, proiettandole in un’atmosfera di magia e di occulto. Naturalmente, esortato dal mio carattere critico e dalla mia curiosità congenita, ho sempre cercato di risalire alle fonti e dove queste non erano possibili attraverso documentazione, ricorrevo alla tradizione orale e, in pantaloncini corti e con un miniquadernetto che conservo ancora gelosamente, ho intervistato almeno una cinquantina di vecchietti, purtroppo oggi tutti scomparsi da diversi anni, che comunque con la loro testimonianza mi hanno consentito di raccogliere tanto materiale che ho pubblicato nei miei libri a beneficio delle future generazioni. Ne elenco solo alcune tra le più note, riservandomi un discorso a parte per una in particolare che più mi colpì in quella tenera età e che mi ha fatto trascorrere diverse notti sepolto tra le coperte ed il cuscino. La filastrocca dei dodici mesi, che ci viene tramandata dal XVI secolo. La leggenda degli Arminio e dei Damolidei, una colorita storia d’amore della fine del 500. La processione degli usurai di Pompeo D’Aiutolo, composta nella prima parte del 1800. I cinque ritti, dello stesso autore, composti tra il 1700 ed inizio 1800. Molte filastrocche popolari comuni nel territorio del Regno di Napoli, recitate da ragazzi giocando Ma un discorso a parte merita anche il celebre romanzo “ La Sonnambula di Montecorvino “ composto da Francesco Mastriani, ( 1819 – 1891 ), celebre scrittore napoletano, che fu ospite della famiglia Maiorini, nel Palazzo in Via Clelia, ora Via Diaz, tra l’ottobre del 1877 e gli inizi del 1878 per circa sette mesi. Il Mastriani, seppure, come sopra riferito, fosse celebre perché già autore di numerosi romanzi di successo specialmente a Napoli, versava in condizioni economiche disagiate e l’ospitalità generosa dei Maiorini lo indusse a scrivere un romanzo ambientato in Montecorvino Rovella sul Castello Nebulano nel primo decennio del 1800, quando questo era già un ammasso di rovine da circa tre secoli in un deprecabile stato di abbandono. Sempre il Mastriani, dotato di una genialità non comune, girando per Montecorvino, si informava su nomi e su possibili leggende che tradusse in racconto incastrandolo in un romanzo incompiuto di vita napoletana. ( Chi l’ha letto o ha visto la rappresentazione teatrale dei POPOLANI, può capire il riferimento). Il romanzo fu stampato nella prima versione a Napoli e poi a Montecorvino dalla Tipografia L’Unione che aveva la sede in Via Silvestro Bassi e non ebbe larga diffusione a causa dell’analfabetismo dilagante, tanto che diversi maestri elementari facevano dei veri e propri cenacoli serali con i contadini che tornavano dai campi, per raccontare il romanzo e con l’inevitabile aggiunta di qualche coloritura. Il contadino, tornato a casa, dopo aver cenato e recitato il Rosario, riuniva la famiglia intorno al focolare ed iniziava anche lui il racconto ai propri familiari che rimanevano incantati ed immaginavano per personaggi reali e realmente vissuti quelli inventati di sana pianta dal Mastriani e questa storia passò per vera. Posso garantire che in pieno duemila qualcuno cercava non i vari testi in circolazione ma “ la vera storia di Montecorvino” che era la Sonnambula. C’è da aggiungere che la trama non era poi una sola. Essa variava a seconda della memoria del narratore e dallo stato fisico e mentale in cui si trovava al momento in termini di quantità di vino bevuta. Nel 2007, la Compagnia Teatrale “ I Popolani “, rappresentò il romanzo da me reiscritto in versione teatrale e alla fine dello spettacolo si presentò una persona anziana molto nota che mi disse che era un parente del Conte Baldassarre di San Pietro, principale figura del libro. E veniamo alla leggenda che colpì in particolare la mia mente di ragazzo semplice e genuino.
IL TESORO DELLA GROTTA DEL DIAVOLO SUL CASTELLO NEBULANO
ANTEFATTO = Chi si reca oggi a visitare le poche rovine rimaste in piedi del Castello Nebulano, dal lato ovest, provenienti dalla frazione Occiano, osserva le mura a ridosso di un fossato e, al termine di questo, una piccola porta di accesso che conduce all’interno del Castello. Dopo circa tre o quattro metri, si incontra un “buco “ della dimensione di circa tre metri di circonferenza, profondo quasi quattro metri, pareti di roccia, dell’estensione di una piccola stanza di tre metri per due. Sicuramente adibito anticamente a raccolta delle acque piovane a causa dell’assenza di sorgenti sul Monte Nebulano(L’approvvigionamento ai castellani avveniva con barilotti a dorso di mulo provenienti da Occiano ). Questo “ buco “, proprio grazie a questa leggenda, assumerà, per i posteri, il nome di “ Grotta del Diavolo “. Come nasce la leggenda che vi racconterò? La prima generazione dei narratori della Sonnambula, agli inizi del 1900 era quasi scomparsa, i racconti provenivano dai figli che avevano ascoltato. I tempi erano brutti. Guerre, turbolenze di vario genere, non incentivavano la cultura che restava patrimonio di pochi. E quindi nascono leggende intorno alla leggenda colorando di più il mistero e la soggezione.
LA LEGGENDA
Il Conte Pietro di Baldassarre di San Pietro, principale figura del romanzo della Sonnambula, secondo la fantasia di Mastriani, decedeva la sera del 9 febbraio 1810, alle ore 22, all’età di 84 anni e “alquanti mesi“. Sempre secondo la fantasia del Mastriani, lasciò in eredità tutti i suoi possedimenti di terre ed ogni altro ben di Dio al giovane Gottardo ( ? ) ed ad altri suoi conoscenti. Cosa avevano ancora da raccontare gli anziani del tempo che non erano partiti per le armi e che avevano sentito il racconto almeno un centinaio volte ? La fine che avrebbe fatto il tesoro del Conte nascosto nel Castello. Iniziamo questo fantomatico racconto appreso nel 1958 nella frazione Cornea davanti ad un allettante tegamino pieno di “ scopparielli “( moderni pop corn). “Il buon Gottardo, erede del Conte, aveva lasciato la coltura delle terre a contadini del luogo. Uno di questi, il cui nome non ci è stato tramandato, pascolava sulla zona del Monte Nebulano nelle adiacenze del Castello, sollecitato dalle dicerie di un tesoro del Conte mai trovato. Addormentatosi nella sua piccola capanna, circondato dagli armenti, fece un sogno che gli fu di particolare turbamento. Una voce, cavernosa, terribile,ed una visione altrettanto terribile, gli annunciava che se si fosse recato a mezzanotte precisa, nella “ Buca del Castello”, avrebbe trovato il “ tesoro del Conte “, però ad un patto ben preciso: Non avrebbe dovuto mai, dico mai, pronunciare il nome della Madonna o di Gesù o di qualche altra cosa di sacro, nel momento del rinvenimento. Il pastore si destò bruscamente. Tutto sudato e pieno di spavento si agitava tra le pecore ed i cani trasmettendo anche a loro molta inquietudine.Il giorno dopo, con la luce del sole, acquisì sufficiente calma e coraggio e decise che quella notte sarebbe sceso nel “ buco “. A mezzanotte precisa, munito di piccone, scese nel buco e cominciò a scavare a destra e a manca. Dopo diverso tempo, sentito un rumore metallico, si affrettò a tirar fuori quello che sembrava uno scrigno. Lo aprì. Alla vista di tante monete d’oro gli sfuggì una frase pericolosa. “ Madonna mia bella ! “. Immediatamente le monete si trasformarono in serpenti minacciosi che lo inseguirono fino all’uscita. Il racconto finisce qui, ma bastò per far denominare il posto “ Grotta del Diavolo“. A beneficio di chi legge dirò che ci sono sceso con gli Scout negli anni settanta con molto timore. NUNZIO DI RIENZO

MONTECORVINO ROVELLA – IL SANTUARIO DELLA MADONNA DELL’ETERNO

Agli inizi del secolo XVII, nella zona delle TOPPOLE, ai piedi del Monte FORESTA, in una stupenda zona collinare posta ad occidente di Montecorvino Rovella, stanziava una mandria che si cibava dei ricchi pascoli della zona, favoriti da molta vegetazione spontanea, sotto la attenta sorveglianza di un guardiano al servizio della famiglia Denza della frazione Cornea. In una giornata di sabato del mese di agosto, con il sopraggiungere del tramonto, il guardiano richiudendo ancora una volta le bestie nel recinto,e mentre si accingeva alla rituale conta delle stesse, si accorse, con grande terrore,che mancava una VACCA, la più bella, la preferita del padrone! Il poveretto, convinto che l’animale, inseguito da qualche lupo, fosse caduto in un dirupo e morto, si abbandonò alla più grande disperazione e cominciò, piangendo, ad esplorare i dintorni della zona ; visto inutile il tentativo, dopo aver diretto una preghiera alla Madonna posta in una piccola nicchietta illuminata da una lanterna al termine del sentiero di accesso al luogo con grande rassegnazione, si accingeva a trascorrere la notte che si presagiva tremenda ed insonne per la sicura ramanzina e punizione che avrebbe dovuto sopportare l’indomani non appena la notizia fosse pervenuta al padrone della mandria. Ad un tratto, nel silenzio della notte e tra le tante voci degli uccelli notturni, udì il muggito di una vacca. “E’ la mia vacca” disse. Si armò di una torcia e si diresse nella direzione del muggito affrontando ispidi rovi, vie scoscese, che gli facevano sanguinare il volto, le mani ed i piedi, con i calzoni e la giacca tremendamente lacerati. Finalmente, nel profondo di una gola, trovò la vacca che all’apparenza sembrava in buone condizioni, ma tanta fu la sua meraviglia nel vederla inginocchiata di fronte ad una parete di roccia. Costernato, dopo vari tentativi di mettere in piedi l’animale, chiese l’aiuto divino inginocchiandosi a sua volta e facendosi il segno di croce. All’improvviso la parete di roccia crollò senza nemmeno sfiorarlo, una luce intensissima illuminò una grotta che si era formata dopo il crollo,e dalla roccia venne fuori un rivolo d’acqua. Il buon mandriano che prima si era protetto gli occhi con la mano, si guardò intorno, gli sembrava di essere in paradiso! In alto a sinistra, tra una folta presenza di edera rampicante notò un’icona raffigurante la Madonna ! Battendosi le mani sul petto per i suoi peccati, ringraziò la Madonna per l’alto privilegio che gli era toccato e destatosi da quel grande torpore, riportò con molta fatica la vacca nel recinto e si mise a correre per raggiungere al più presto la Piazza di Sant’Eustachio, punto di convergenza delle frazioni Cornea, Ferrari e Molenadi, per annunciare la lieta novella. Appena giunto nella piazza di Sant’Eustachio, dove c’era ancora gente che godeva la frescura serale all’ombra di due giganteschi tigli, cominciò a gridare ad alta voce e ad annunziare la sua grande scoperta. In un primo momento non fu creduto, ma poi, vista la sua decisa e pressante insistenza, molta gente scesa anche dalle case, gli fece capannello intorno e dopo averlo ascoltato attentamente, tutti si diedero da fare per diffondere la notizia badando bene di avvertire per primo Mons. Serrano, Vescovo di Acerno, che allora dimorava presso la canonica della Chiesa dei SS. Apostoli Pietro e Paolo. Il Presule si fece condurre il buon uomo al suo cospetto e, udito il fatto, indossò le sacre vesti e dopo aver ordinato che le campane di tutte le chiese di Montecorvino suonassero a festa, organizzò una solenne processione per recarsi sul luogo a prendere la Santa Immagine e trasportarla nella Chiesa di Sant’Eustachio. Vi fu una grande partecipazione di popolo ed una altrettanto grande fiaccolata. L’immagine fu trasportata nella Chiesa di Sant’Eustachio e dopo aver celebrato messa, il Vescovo, data l’ora tarda, invitò i fedeli a ritirarsi nelle proprie case, rinviando all’indomani tutti i preparativi per una novena in favore della Madonna. La mattina successiva, di buonora, l’ignaro sacrestano nell’aprire la Chiesa si accorse che l’icona era sparita e grande fu la sua disperazione. Disperazione che si accrebbe quando popolo, sparsasi la notizia, accorse e unitamente al Parroco, incolparono il poveretto di aver fatto scomparire in qualche modo il sacro simbolo. Fu ritenuto urgente avvisare dell’accaduto Mons. Serrano per provvedere ai necessari interventi del caso. Il povero parroco, balbettando, nello scusarsi per l’ora così mattutina, narrò al Vescovo l’accaduto e, sorprendentemente, il Vescovo rassicurò il parroco che ciò che era accaduto non era stato un crimine, ma un prodigio. La Madonna gli era apparsa in sogno e gli aveva annunciato quello che sarebbe accaduto il giorno successivo: l’icona sarebbe ritornata sul luogo del rinvenimento sul monte Foresta ed i fedeli avrebbero trovato nello stesso luogo un manto di neve per quanto la Madonna volesse l’estensione di un tempio a Lei dedicato. Presule, parroco e fedeli, si recarono così sul Monte Foresta e trovarono la neve sul pianoro e l’icona nella grotta. ERA LA TERZA DOMENICA DI AGOSTO DEL 1623. Grande fu la commozione e tra le lacrime molte persone promisero che in breve tempo avrebbero costruito un tempio dedicato alla Madonna secondo i voleri della Vergine. La Chiesa venne costruita in meno di un anno e Mons. Serrano ottenne dal Papa Urbano VIII numerosi privilegi. L’INDULGENZA PLENARIA per i pellegrini che si recano sul Santuario a rendere omaggio alla Madonna nel mese di maggio, oppure per coloro che vi si recano in preghiera la terza domenica di agosto. Il nome originario dato all’icona fu Santa Maria dei Valloni, ma poi, considerato che la Madonna è stata sin dall’eternità predestinata ad essere con Gesù il principio di tutte le opere divine, ad essere la prima, la Padrona, Regina e Mamma di tutte le creature, avendo dato all’eterno un principio, alla divina eternità un principio temporale, fu chiamata MARIA SS. DELL’ETERNO. La struttura originale del Santuario non era molto diversa da quella che si ricorda sino alla metà del secolo scorso. Dietro l’altare maggiore una porta introduceva in una piccola sagrestia ed un’altra porta, in prosieguo, aveva accesso ad un altro ingresso laterale. A sinistra una scaletta conduceva al piano superiore dove erano ubicate le stanzette degli eremiti, di fronte si accedeva in una cucina dove avveniva il frugale pasto di detti eremiti. Esisteva anche una piccola collinetta che dava accesso, dopo un discreto percorso a circolo, ad un piccolo spiazzo sulla cima ove esisteva una grande croce in ferro. Nel 1875, Luigi Grimaldi di Nola, offrì l’edicola una volta ubicata nel timpano della vecchia struttura, dal 1951 al 1956 ebbero inizio numerosi lavori di restauro ad opera di Pasquale e Raffaele Mazzarella che offrirono materiale edile per l’importo di un milione e grazie anche alle offerte che pervenivano dagli USA tramite una nostra concittadina , Angelina Immediata, alla quale, per riconoscenza, venne dedicata la nascente piazzetta dell’epoca dopo il ridimensionamento della collinetta sopra citata. Dagli anni settanta, ad opera dello zelante e dinamicissimo Padre Alfonso De Simone e con l’aiuto di diversi fedeli del settore, l’intero Santuario fu completamente ristrutturata ed ampliato. La collina fu interamente spianata per fare spazio ad una grande piazza destinata all’accoglienza dei pellegrini. Fu aperto un nuovo ingresso sul lato destro, la casetta degli eremiti abbattuta per ampliare l’abside e trasferita in un’altra sede costruita sul lato sinistro del Santuario, più confortevole e più moderna. Non possono sfuggire agli attenti sguardi del pellegrino i giochi di luce delle bellissime vetrate che contornano l’interno. Dette vetrate sono state offerte da numerosi fedeli locali e dei paesi viciniori ( Olevano, Battipaglia, Eboli ed emigrati nelle Americhe). Nella Chiesa dell’Annunziata a Giffoni Valle Piana esiste un altare dedicata alla Madonna dell’Eterno, a devozione di Gerardo Andria e dei suoi familiari il 30.8.1883. Il nuovo ingresso è stato abbellito da un’edicola offerta da Giuseppe Provenza e da due stupendi angeli posti a lato. Il Santuario, sede giubilare nel 2000, è meta di continui pellegrinaggi specialmente nei mesi di maggio e di agosto, nonché luogo di visita per numerose comitive scolastiche in visita all’Osservatorio Astronomico.
NUNZIO DI RIENZO

 
 
 
 
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