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Registrazione Trib. di Sa n°22 del 07.05.2004
 
 
 
 
 
 
 
 
 



Viaggio nelle comunità montane.

La Comunità montana Monti Picentini si estende per 32.620 ettari, di cui 22.949 montani e comprende nove comuni per circa 52.000 abitanti. Un territorio, dai mille volti, che offre infinite suggestioni culturali e ambientali  e deve considerarsi una delle aree nella quale esistono le più antiche tracce di insediamenti umani. Storia, cultura e natura si coniugano con paesaggi ricchi di fascino e preziose testimonianze artistiche e religiose. Il suo passato millenario è scritto nei suoi monti, nei suoi fiumi, nelle sue rocce e nei resti fossili di pesci e piante vissuti centinaia di milioni di anni fa che si sono perfettamente conservate depositandosi nelle rocce sedimentarie litorali o “ neritici” del Monte Pettine a Giffoni Valle Piana. Qui, fu localizzato un vero e  proprio giacimento ittiolitifero venuto alla luce in seguito a studi e ricerche scientifiche finalizzate allo sfruttamento industriale dell’ittiolo contenuto negli scisti (da cui deriva il nome di “ scisti ittiolitici”). L’insigne zoologo e naturalista Oronzio Gabriele Costa, che studiò a fondo tutta l’area dei monti Licinici fino all’Unità d’Italia, pubblicò a sue spese i risultati delle sistematiche osservazioni geologiche e paleontologiche condotte sul campo in decenni di intenso studio nel territorio del Regno. Due di queste opere, Paleontologia del Regno di Napoli e Fauna del Regno di Napoli rappresentano una delle vette più alte mai raggiunte dagli studi naturalistici in Italia. I magnifici pesci fossili del triassico medio rivenuti a Giffoni costituiscono, insieme ai giacimenti fossili di Pietraroia e Castellamare di Stabia, una prestigiosa collezione di altissimo valore scientifico e storico-culturale che ha permesso agli studiosi di trarre importanti indicazioni sulla storia geologica della Campania. I resti della miniera di ittiolo di Giffoni si trovano ai piedi del monte Pettine, a metà strada tra Giffoni e Serino, lungo la strada provinciale Curti-Serino. La miniera iniziò la produzione ai primi del secolo e cessò la sua attività, dopo alterne vicende, intorno agli anni ‘50 allorchè la scoperta del mercurio cromo determinò il crollo verticale della domanda di ittiolo e ne decretò la chiusura definitiva. La vista di questo antico opificio industriale produce sensibili emozioni, la sua storia ancora da raccontare è avvincente come un romanzo, che appartiene ormai solo a sbiaditi ricordi del passato e a nulla più. Su questa preziosa testimonianza di archeologia industriale, è operativo un tentativo di rilancio e valorizzazione che dovrebbe sottrarlo al triste sipario del silenzio. La miniera di ittiolo, le cartiere di Acerno, la ramiera di Giffoni sono simboli in parte dimenticati di tutto il territorio, un archivio a cielo aperto, posto ai margini del battage promozionale. I borghi e i paesi conservano ancora le tracce originarie di antiche e diverse civiltà. Nell’abitato moderno di Giffoni, si trovano i resti di un piccolo tempio dedicato ad Ercole, fondato nel I sec.A.c.,e restaurato tra il III e il IV secolo d.C., dal latifondista Tito Fundanio, senatore di Roma;  a San Cipriano Picentino, in località Pozzili,  sono stati riportati alla luce i resti di una villa romana risalente al III secolo, a Santa Maria a Vico da qualche parte è sepolta una necropoli etrusca. Talvolta riaffiora un reperto che prende la strada del museo di Pontecagnano, nel migliore dei casi. Montagne, colline e fertili campagne che regalano i prodotti tipici genuini delle Città d’Identità, ambiziosa costruzione messa in campo dall’Anci e dalla filiera istituzionale del territorio. Se la miniera di ittiolo di Giffoni, e i cunicoli scavati nelle viscere della roccia, incantano, le grotte di San Michele e la grotta dell’Angelo ad Olevano sul Tusciano mettono addosso un po’ d’inquietudine nella loro affascinante e mistica religiosità. I piccoli borghi di Terravecchia e di Sieti raccontano le diverse anime del territorio: strutture medioevali e palazzi gentilizi piuttosto piacevoli dove hanno soggiornato personaggi di un certo riguardo, master universitari e ospitalità in B&B sono le scommesse di un turismo culturale possibile che stenta però a decollare. L’intero territorio della comunità montana è sovrastato dalla Montagna. La montagna, per i picentini, è l’Accellica, che si alza massiccia e altera con le sue rocce bianche di natura dolomitica. Due tenaglie di roccia si aprono a forma di V. E’ il Varco del Paradiso, l’orgoglio naturalistico del comprensorio. Dalle sue pendici si dipartono le sorgenti del fiume picentino, che sgorgano improvvise dal terreno, in prossimità della spettacolare Grotta dello Scalandrone, a quota 1650 metri. E’ proprio qui sotto comincia un itinerario di ventiquattro chilometri lungo uno dei più bei tratti fluviali che si possono percorrere in Campania. Varie sono le possibilità di escursione in alta quota, lungo i sentieri già battuti da Giustino Fortunato, o quelli tracciati dal CAI o ripristinati dalla stessa Comunità montana. La pace avvolge ogni cosa e induce a perdersi in questo verde che declina in cento sfumature. Territorio, tipicamente montano, rivestito da maestose faggete, querceti e castagneti. Si possono incontrare numerose specie alboree, vegetali, piante ed erbe officinali interessanti, rare, utili e gradevoli. Avete mai visto l’eccezionale Aquilegia champagnatii Moraldo? Fu scoperta, per caso, durante un campeggio sul Monte Terminio nel 1976. A Giffoni Valle Piana una visita è obbligatoria al complesso  trecentesco del Convento di San Francesco, impreziosito dagli affreschi di scuola giottesca. La Chiesa dell’Annunziata trae invece fama dalla Sacra Spina donata alla Città dal Cardinale giffonese Leonardo De’ Rossi nel XIV secolo. Ogni paese ha il suo piccolo scrigno. Castiglione del Genovesi custodisce, come una reliquia,  la casa natale di un concittadino illustre: Antonio Genovesi, e tra le testimonianze religiose più suggestive della provincia, l’Abbazia di Santa Maria Tubenna, terrazza naturale a strapiombo sulla valle e sul Golfo di Salerno, la cui origine è da collegarsi all’arrivo dei monaci benedettini nel VII secolo. Chiese, palazzi e Castel Nebulano puntellano lo scenario di Montecorvino Rovella. Da visitare la frazione di Gauro che diede i natali a Luca e Pomponio Gaurico e Gian Camillo Gloriosi a cui è dedicato l’Osservatorio Astronomico. Autentico e misconosciuto “gioiello”, è la cappella di Sant’Ambrogio, rarissima testimonianza di epoca longobarda del periodo altomedioevale che fu scoperta, nel 1982, da Geremia Paraggio. Si trova nei pressi del torrente Rienna, nella frazione Occiano. Anche San Mango Piemonte offre chiese ed edifici sacri di un certo interesse. Su tutti l’eremo di San Magno, ma anche le chiese di San Nicola e San Matteo ad Offiano possono far parte di un  ideale tour percorrendo il centro storico con i palazzi gentilizi Lecce, Cavallo e Spirito dove nacque e visse Francesco Spirito. Tesori della fede si incontrano a San Cipriano Picentino, grazioso centro che vanta belle chiese e dove si svolge ogni anno una festa della castagna che ha ormai travalicato i confini provinciali. Il vecchio carcere è diventato un moderno ed accogliente Ostello della Gioventù, unico nel suo genere in tutto il territorio. Pugliano è un comune ricco di storia e di tradizioni. Il bosco S. Benedetto può essere una delle tante sorprese per chi voglia godere di un angolo di natura incontaminata. (W.B.)

 
 
 
 
Pontecagnano Faiano
San Cipriano Picentino
San Mango Piemonte
 
 
 
 
             
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