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Registrazione Trib. di Sa n°22 del 07.05.2004
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Le donne dell’Olio.
A colloquio con Maria Provenza, dell’azienda “ Torretta” di Battipaglia, dove si produce il miglior olio del mondo.

torretta

Anche quest’anno l’azienda “Torretta” di Battipaglia diretta dalla giovane imprenditrice Maria Provenza,  con la sua Dop  Colline Salernitane, è tra le Top 15 per aver prodotto uno dei migliori oli extravergine di oliva del mondo selezionati da “L’Extravergine, Guida ai Migliori Oli del Mondo di Qualità Accertata“, curata da Marco Oreggia, tra i maggiori esperti del settore a livello internazionale. Si tratta dell’ennesimo, prestigioso riconoscimento per un’azienda e un marchio di  qualità che non teme nessun confronto e che le ha permesso di vincere anche il Premio “Sirena d’Oro” di Sorrento nel 2003, 2004 e 2008. Ma già in passato, la dinamica imprenditrice si era imposta all’attenzione degli addetti ai lavori aggiudicandosi nel 2006 il primo posto nel concorso Ercole Oliario e trionfando nel Concorso Oleario Internazionale “Armonia” trofeo ALMA conferito dalla scuola di cucina internazionale di Gualtiero Marchesi. Attualmente l’azienda “Torretta” che nasce da un antica tradizione familiare, copre una superficie di 7 ettari di uliveto, con circa 4.000 piante d’ulivo, riservata al prodotto ottenuto dalle varietà Rotondella e Frantoio, che proviene esclusivamentedalle olive raccolte nell’azienda. Alla “Torretta” si pratica la vendita diretta, con mercati di riferimento sia italiani sia esteri, con contatti in particolare in Germania e Svezia. L’azienda si trova a Battipaglia, in località Serroni Alto ed è gestita da Maria Provenza, responsabile della qualità e del settore commerciale, - che è , fra l’altro, assaggiatore capo panel -, con una lunga esperienza sul campo e alle spalle molti anni di formazione presso l’Onaoo di Imperia irrobustita dal costante confronto con le esperienze di altre produzioni di olio Made in Italy.  Si può dire, senza retorica, che Maria Provenza è “nata” tra gli uliveti dell’azienda ed è cresciuta insieme al suo olio, nel vecchio frantoio a pressa, coltivando una grande passione per l’olivicoltura ereditata da suo padre, che è poi diventata una scelta di vita. Da allora, molto olio è passato sotto le presse, che non esistono più, soppiantate dalle nuove tecnologie. “Per fare un buon olio –dice -  è fondamentale una buona materia prima e un legame forte con il territorio ”. Maria Provenza è rimasta una persona semplice e schiva, lavora (tantissimo) in silenzio e senza clamori, e ci tiene a sottolinearlo, è molto severa con sé stessa. E’ una delle poche imprenditrici dell’olio che continuano con grossi sacrifici a diffondere la cultura dell’olio d’oliva nel senso più ampio. Il suo viso è poco noto ai media e ho dovuto insistere, più del dovuto, per strappargli una foto.  “Nel nostro olio, un fruttato pulito, con sentori d’erba - spiega Maria Provenza -  si fondono i sapori e il gusto delle cultivar autoctone e della terra d’origine. Il marchio DOP garantisce il consumatore sull’origine della materia prima, che proviene dalla nostra azienda, e sul frantoio in cui è stato estratto, tutelandolo dalle frodi e dalle sofisticazioni; l’obbligo della tracciabilità dell’intero processo produttivo ne salvaguardia la qualità e la riconoscibilità”. “Il nostro territorio – ci racconta Maria Provenza - ha grandi potenzialità non adeguatamente sfruttate, ma il mercato è super-inflazionato, sono aumentate tantissimo le importazioni di olio provenienti da altri paesi, spesso di bassa qualità. Dobbiamo colmare il “gap” con le regioni del Centro-Nord dell’Italia che riescono di più a imporsi sul mercato coi loro prodotti adottando strategie di marketing territoriale e comunicazione che esaltano la vocazione naturale del territorio e valorizzarono i luoghi di produzione. Da noi è più difficile imporsi e bisogna fare di più, a tutti i livelli. Non c’è ancora una promozione e una cultura dell’olio paragonabile a quella del vino; quando sei al ristorante chiedi la marca del vino, mentre quasi nessuno si cura, compreso gli imprenditori del settore della ristorazione, di abbinare le pietanze con il nostro olio extravergine di qualità. Si usano ancora oli di scarsa qualità e le marche delle multinazionali, senza contare che l’olio è ancora considerato alla semplice stregua di un condimento e non di un alimento con notevoli qualità nutrizionali.  Dobbiamo imporre sul mercato la nostra Dop – conclude Provenza - con tutto quello che significa, in termini di cultura e qualità, di know how e innovazione, di  identità territoriale del prodotto”. Per divulgare la cultura dell’olio d’oliva, per costruire una consapevolezza nel consumatore, ecco il  Museo vivente dell’Olio Dop, dedicato alla scoperta dell’olivicoltura, quella di ieri e di oggi, quella della campagna e delle nuove tecnologie. “Il progetto del Museo vivente dell’Olio DOP Colline Salernitane nasce dall’esigenza di recuperare un percorso della memoria legato a questa antica pianta ed al suo splendido prodotto, attraverso le testimonianze di guide esclusive: le donne che si occupavano della raccolta delle olive negli anni ’40, prima dell’introduzione dei mezzi meccanici. Intendiamo stimolare la conoscenza di un importante spaccato di cultura contadina fatto di memoria collettiva, pratiche e mestieri che fanno parte integrante della storia agricola e sociale di questi territori ”.  Il Museo vivente dell’olio dop Colline Salernitane - chiarisce Maria Provenza - sarà anche Ecomuseo perché l’uliveto è un vero e proprio giardino, testimone storico del cambiamento di un’era, sovvertita sia nell’organizzazione dei tempi di lavoro che degli spazi. Per anni abbiamo calpestato la cultura dell’olio d'oliva, producendo male e dimenticandoci di promuovere questa risorsa. Credo che prima di parlare degli alberi di ulivo inserendo l’uliveto in una categoria produttiva, è necessario che cominciamo a considerarli per la loro ricchezza naturale, dunque come giardini da scoprire avendo cura di non calpestare la loro bellezza”.

Walter Brancaccio

 
 
 
 
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